Con i Frati Minori e i Frati Minori Conventuali, sono il terzo ramo dell’unico grande albero piantato da Francesco d’Assisi; la loro denominazione completa è Frati Minori Cappuccini.
Pur ispirandosi tutti alla Regola e al carisma di S. Francesco, nel corso dei secoli ognuno dei tre rami del I Ordine si è dato una struttura indipendente. Per tutti, il cardine della spiritualità è “osservare il santo Vangelo del Signore nostro Gesù Cristo, vivendo in obbedienza, senza nulla di proprio e in castità”, come dice in apertura la Regola di S. Francesco. Nel suo insieme, quella francescana è la famiglia spirituale di gran lunga più numerosa nella Chiesa, sia per quanto riguarda i frati, che le suore e i laici.
Il sorgere dei tre rami del Primo Ordine, quello dei Frati, ha una sua ragione nel fatto che Francesco ha lasciato in eredità un ideale di vita cristiana di tale straordinario spessore, che lui solo era riuscito a realizzare in pienezza con il genio della sua santità, e da cui è nata quella grande famiglia spirituale che storicamente si è espressa in una feconda ramificazione, la cui ricchezza continua ancor oggi a riversarsi copiosa sulla chiesa e sulla società.
Riguardo all’esperienza francescana, si potrebbe dire che è accaduto quello che nel campo dell’arte è successo per Giotto: la rivoluzione del linguaggio pittorico da lui iniziata ad Assisi – non a caso proprio narrando la vita di Francesco – e proseguita poi a Rimini, a Padova e a Firenze ha saputo “mutare l’arte del dipingere di greco in latino” (secondo l’incisiva espressione del contemporaneo Cennino Cennini), esercitando un fascino travolgente su tutta l’arte del ’300 e oltre. Dalle tre città ove egli ha operato più a lungo sono fiorite e si sono diffuse tre celebri “scuole giottesche”, che del genio inarrivabile del maestro hanno colto caratteri diversi e tra loro complementari: ciascuna di esse ha avuto personalità di alto rilievo, che hanno saputo interpretare con creatività le intuizioni del grande maestro fiorentino, pur senza mai raggiungerlo.
Qualcosa di analogo, ma in dimensioni assai maggiori, è accaduto per il francescanesimo, il cui fondatore è stato riconosciuto fin dal suo primo apparire – ed è rimasto poi anche in seguito sino ad oggi – come l’interprete più geniale della santità cristiana. Attorno a lui e grazie a lui, sono sorte alcune personalità straordinarie – come i santi Antonio da Padova (1191-1232), Bonaventura da Bagnoregio (1217-1274) e Giovanni Duns Scoto (1265-1306) – che non solo hanno vissuto il suo carisma, ma hanno saputo farsene interpreti autorevoli sul piano filosofico e teologico, rendendolo accessibile a tanti e capace di influire positivamente nei campi della spiritualità e della cultura in generale.
Non stupisce dunque se la Regola di vita proposta dal Santo di Assisi ha dato origine sin dall’inizio a diverse interpretazioni con differenti percorsi: tra la metà del ’300 e la metà del ’500, modi e stili diversi di vivere l’inesauribile carisma francescano si sono espressi in una molteplicità di “riforme”, che si sono poi coagulate nei suddetti tre rami riconosciuti come autentici dalla Chiesa. Vediamoli brevemente.
Una prima interpretazione della Regola è stata quella che consentiva ai frati di vivere in mezzo alla gente, impegnati in un forte apostolato come desiderava la Santa Sede, ma che per questo richiedeva ampie chiese e grandi conventi: è la strada seguita dai Frati Minori Conventuali, che oggi sono circa 4.000 e hanno la cura pastorale di tutte le grandi e bellissime chiese dedicate a S. Francesco nelle nostre principali città (era loro anche l’attuale cattedrale di Rimini, già affrescata da Giotto e dunque madre della gloriosa “scuola giottesca riminese”, prima che l’Alberti la trasformasse nell’incunabolo dell’architettura rinascimentale italiana). Portano un abito nero o grigio con il cordone (nel mondo anglosassone sono noti come i Grayfriars). Tra le figure più note, basti ricordare del XVII secolo S. Giuseppe da Copertino (il “santo dei voli” e patrono degli studenti un po’…“zucconi”) e più vicino a noi S. Massimiliano Kolbe. In Italia, le loro presenze più significative sono il Sacro Convento con la tomba di San Francesco ad Assisi e la chiesa di s. Antonio a Padova.
Una lettura moderata della Regola, che conservava l’impegno pastorale, ma con un tipo di vita più “osservante” dei valori della povertà e semplicità francescane, è quella perseguita dalle varie “riforme” partite timidamente nella seconda metà del ’300, consolidatesi a metà del ’400 grazie alle figure eminenti di Bernardino da Siena, Giacomo della Marca, Giovanni da Capestrano e Alberto da Sarteano, di nuovo in fermento tra la fine ’400 e gli inizi del ’500 e confluite poi quasi tutte nel grande fiume dell’ “Osservanza” nel 1517, quando Leone X ha conferito a questo grande ramo la totale autonomia dai Conventuali. Dal 1897 le diverse correnti interne all’Osservanza sono state unificate ed hanno assunto il semplice nome di Frati Minori. Sono anche oggi il ramo più numeroso, con circa 17.000 frati, e tra le loro tante benemerenze hanno, ad esempio, la fondazione dell’Università Cattolica del Sacro Cuore (che si deve all’inesausta e geniale animazione del laicato da parte di padre Agostino Gemelli nel primo dopo guerra) e la polivalente opera dell’Antoniano di Bologna, resa famosa tra l’altro dal festival della canzone dei bambini, lo Zecchino d’oro.
I Frati Minori sono i custodi di molti santuari francescani assai rinomati: S. Maria degli Angeli, S. Damiano e l’Eremo delle Carceri ad Assisi, La Verna, lo Speco di Narni e i quattro Eremi della Valle Reatina. Infine vi è sempre stata una corrente che ha ricercato una fedeltà ancor maggiore all’eredità spirituale del Poverello d’Assisi: essa ha avuto numerosi cultori già nei due rami precedenti e ha sempre cercato di dar vita ad un terzo ramo che potesse esistere accanto agli altri due. Questa corrente era particolarmente forte e numerosa proprio nel periodo in cui è avvenuto il distacco degli Osservanti dai Conventuali, ossia agli inizi del ’500. E sull’onda di quella prima separazione è stato possibile far partire anche la seconda: con la Bolla Religionis zelus di Clemente VII, del 3 luglio 1528, la Santa Sede autorizzava la nascita del terzo ramo dell’albero francescano, quello dei Frati Minori Cappuccini appunto.
Alcune delle ragioni per cui anche questo terzo ramo di francescani si è guadagnato fin dall’inizio la benevolenza della gerarchia ecclesiastica, la stima dei governanti e l’amore del popolo, rendendo possibile la sua rapida diffusione per l’Italia prima, e dal 1574 in poi per tutta l’Europa, sono le seguenti:
- la loro vita semplice e povera condotta in piccoli conventi situati appena fuori dai centri abitati e quindi più capaci di favorire la vita contemplativa;
- il loro zelante apostolato fatto in primo luogo col buon esempio dei tanti “frati questuanti”, così familiari anche tra i contadini delle nostre campagne fino a pochi anni fa, e con una predicazione rinnovata nello stile e nei contenuti così da essere aderente ai bisogni umani e alle aspirazioni spirituali della gente semplice, che essi sapevano introdurre con finezza anche alle profondità della meditazione o “orazione mentale”;
- la vicinanza affettuosa alla gente umile delle città e delle campagne nelle prove personali e nelle pubbliche calamità, per cui fin dal principio i Cappuccini sono stati considerati in modo particolare come “i frati del popolo”.
Portano la barba (più o meno lunga e più o meno… bianca) e sono attualmente circa 10.500 presenti in più di 100 paesi . Gli unici due luoghi delle origini francescane che hanno in cura sono gli Eremi di Montecasale e Le Celle di Cortona. Hanno una lunga tradizione di figure assai popolari: S. Felice da Cantalice, S. Giuseppe da Leonessa, S. Crispino da Viterbo, S. Serafino da Montegranaro, S. Francesco Maria da Camporosso (il “Padre santo” di Genova)… nei secoli passati; e, più vicino a noi, S. Leopoldo Mandic´, S. Padre Pio da Pietrelcina e il noto volto del Servo di Dio p. Mariano da Torino (il cui apostolato in TV è oggi continuato con efficacia da un altro cappuccino, p. Raniero Cantalamessa, che è un profondo teologo e da oltre 25 anni è “Predicatore Apostolico”, ossia predicatore ufficiale della Santa Sede, un compito che da alcuni secoli è riservato ad un Frate del nostro Ordine).
Di particolare interesse è poi il fatto che tra i Cappuccini sia fiorita una serie di personalità che hanno segnato la loro epoca con servizi di straordinaria levatura non solo spirituale, ma anche politico-diplomatica. Un fenomeno che può trovare una spiegazione plausibile nella grande libertà interiore e nella netta presa di distanza dalle cose del mondo che ha caratterizzato l’esperienza francescana dei Cappuccini. Per fare solo alcuni esempi, basterà accennare a S. Lorenzo da Brindisi (1559-1619), erede di S. Giovanni da Capestrano nell’animare le milizie cristiane in difesa della civiltà europea assalita dai turchi (il Capestrano a Belgrado nel 1456, Lorenzo ad Alba Reale presso Budapest nel 1601); Giacinto da Casal Monferrato (1575-1627), per più di vent’anni sapiente ed autorevole consigliere degli imperatori asburgici nel far sorgere quella “Lega Cattolica” che sola poté contrastare in modo efficace il dilagare delle forze protestanti per l’intera Europa; Giuseppe du Tremblay da Parigi (1577-1638), famoso consigliere del Cardinal Richelieu, instancabile promotore di missioni in Medioriente, noto come “eminenza grigia” a motivo del suo abito cappuccino; Valeriano Magni da Milano (1586-1661), uomo di eminente cultura, per molti decenni legato pontificio presso varie corti europee; ed infine un autentico gigante del quale si è parlato molto alcuni anni fa sui principali quotidiani europei in occasione della sua beatificazione avvenuta il 27 aprile del 2002: si tratta di quel Marco d’Aviano in Friuli (1631-1699) a cui si deve, nel 1683, l’ultima e definitiva vittoria delle truppe cristiane contro l’enorme armata turca che stava per far cadere Vienna, capitale dell’impero e ultimo baluardo per la difesa della cristianità: le guidava il valoroso sovrano polacco Giovanni Sobieski, che subito dopo poté veder realizzato il suo desiderio di avere finalmente i Cappuccini anche in Polonia.
di fra Prospero Rivi